Ogni volta che qualcuno -
attore, cantante o comunicatore - si propone di studiare ed apprendere a
utilizzare al meglio il suo strumento, spesso riferisce di dover imparare a
"respirare bene". In effetti la respirazione, nel corso dei secoli,
ha acquisito lo status di Sacro Graal
della voce, spesso assurgendo al ruolo di panacea di tutti i mali e
contemporaneamente, nel caso essa fosse errata, a quello di fonte di tutti i
problemi della vocalità. Si tratta di un tema scottante, molto dibattuto tra i
didatti e gli allievi. Fra i docenti c'è chi fa dell'insegnamento della
respirazione "corretta" la base della propria didattica, chi non ne
parla affatto ritenendola un concetto "superato" e poco utile in generi
vocali lontani dall'emissione operistica o shakespeariana (nel caso della
recitazione), chi l'addita semplicemente come una tra molte delle componenti
dell'apparato fonatorio, attribuendole diversi gradi di importanza. Il problema
per chi studia sta spesso nel fatto che ogni docente sembra insegnare una
diversa modalità di prendere e gestire il fiato. Ecco alcuni esempi di
istruzioni impartite:
-<<Si respira
facendo arrivare prima l'aria nella pancia e poi lasciandola salire verso la
parte alta dei polmoni>>.
-<<La pancia va
tenuta in fuori durante l'intera emissione, senza permettere che
"rientri">>.
-<<La pancia va
fatta "rientrare" e bisogna contrarre gli addominali all'inizio
dell'emissione e durante tutto il "fiato">>.
-<<L'aria va fatta
uscire attraverso il canale laringo-faringeo aperto, senza restringimento
alcuno, in quantità importanti>>.
-<<L'aria va
"trattenuta", per cui il suono deve essere prodotto "inalando la
voce">>.
-<<La respirazione
deve essere rilassata, mai ansiosa>>.
Salta immediatamente
all'occhio come le indicazioni sovrastanti siano una l'opposto dell'altra, con
conseguente grande confusione per il povero allievo che cerca la "verità".
Il punto è che, nei sistemi dinamici (come la voce o la respirazione), la
verità assoluta è inconcepibile. Ciò significa che tutte le direzioni riportate
precedentemente in questo post sono errate? Al contrario: sono tutte più o meno
giuste, ma sono giuste esclusivamente per alcuni soggetti, in determinati
contesti stilistici, in precise fasi del ciclo respiratorio, in specifiche zone
dell'estensione frequenziale, in concomitanza con particolari condizioni di
esecuzione. Un esempio concreto nel canto: se devo cantare con una vocalità più
classico-operistica (termine di per sé già molto generico) una nota medio-grave
per la durata di quattro o più battute da 4/4, prendere molta aria e tenere la
pancia in fuori potrebbe non essere un problema. Se devo cantare una nota acuta
in un brano rock per la durata di una misura da 4/4, utilizzare la stessa modalità
respiratoria potrebbe essere un grave errore che fa "inceppare"
l'intero sistema voce.
La muscolatura
respiratoria ha una duplice innervazione: da parte della corteccia cerebrale
(che la rende parzialmente volontaria) e da parte del tronco cerebrale (che la
rende involontaria). Il tronco cerebrale fa sì che il nostro modo di respirare
si adatti alle varie circostanze: camminare VS correre, veglia VS sonno,
tranquillità VS agitazione, ma anche a seconda della posizione del corpo
(eretta, prona, supina,...), dello stato di forma e della biomorfologia
corporea (soggetti longilinei VS brevilinei, ma anche stato di gravidanza...),
scopo o obiettivo sensomotorio, etc. In tutti questi casi non dobbiamo
consciamente alterare il nostro modo di respirare al mutare delle circostanze in
quanto il nostro corpo - a patto che il sistema neuromuscolare sia intatto - si
sa autoregolare.
Questo incontestabile
dato di fatto fa sorgere spontaneo un quesito:
Può forse un insegnante
conoscere il funzionamento del sistema respiratorio più del sistema nervoso e
muscolare neurologicamente intatto dell'allievo stesso?
Un'altra domanda, a
questo punto, é: l'allievo permette che il corpo aggiusti la modalità
respiratoria al variare delle condizioni di produzione oppure sta "imponendo"
ad esso di mantenere uno schema motorio didatticamente o
"culturalmente" appreso che non risulta forse funzionale al compito
che si accinge ad affrontare? Sta manipolando la respirazione o sta permettendo
che essa si adatti?
Se siamo in presenza di "manipolazione
respiratoria" - possibile grazie al controllo da parte della corteccia
cerebrale di cui parlavamo poc'anzi - va previsto uno studio della respirazione
che miri però non alla memorizzazione di un modello comportamentale preciso ed
assoluto (in senso etimologico), bensì al recupero di una funzionalità ed
"adattabilità" naturale.
Alcune precisazioni sono
tuttavia d'obbligo:
-Quando una persona
accusa un disordine vocale, quasi sempre presenta altresì un disordine
respiratorio. In questi casi è fondamentale l'intervento di una figura medica e
di un esperto nel campo della riabilitazione che curi anche (ma non solo) la respirazione.
-La performance vocale
implica spesso frasi più lunghe rispetto all'eloquio spontaneo. Ciò implica
effettivamente la necessità di prendere una quantità di fiato relativamente superiore al
"normale" (ovvero a quanto avviene nella normale conversazione).
L'importante è che la quantità sia relativa,
non assoluta.
-Anche nell'eloquio
spontaneo alcuni individui (spesso con problemi vocali) tendono a
"rimanere senza fiato". Anche in questo caso è auspicabile una
collaborazione con un logopedista.
In tutti gli altri casi, quindi, la cura della
respirazione va ignorata? Assolutamente no, ma è mia convinzione che essa vada
affrontata in modi molto diversi rispetto a quelli adottati dalla didattica
tradizionale. Se ci rivolgiamo al movimento del mantice respiratorio, infatti,
il controllo volontario della respirazione è condannato ad essere estremamente
grossolano, in quanto la muscolatura che interviene (muscolatura respiratoria
ausiliaria) possiede una quantità molto esigua di fusi neuromuscolari, il che
la rende incapace di regolarsi finemente con la vibrazione cordale. La
soluzione sta nel dedicarsi alla qualità dell'aria stessa, alla sua natura, al
suo rapporto (percepibile) con la superficie cordale, con l'apertura e chiusura
glottica. La proposta è di lavorare sulla propriocezione a livello di valvola
respiratoria per poter regolare la pressione e il flusso in maniera più fine e
appropriata all'obiettivo vocale preposto. Solo successivamente si potrà
parlare di flusso costante e quindi di "appoggio" e
"sostegno".
E nella recitazione? Non
è forse fondamentale la respirazione profonda? Come dicevo, non c'è giusto o
sbagliato, ma solo giusto/sbagliato in relazione a determinate condizioni o
determinati obiettivi. Nell'emissione vocale una respirazione più
"profonda" (espressione che indica schemi muscolari di
"espansione" diversi in persone diverse, non semplicemente una
"pancia più in fuori" per tutti) avrà determinati effetti sul suono,
auspicabili o meno. Ma ricordiamo che esiste anche la respirazione profonda
scollegata dalla vocalizzazione, finalizzata al rilassamento e all'acquisizione
di una "neutralità emozionale" su cui poi costruire il personaggio.
Si tratta, in questo caso, di una tecnica sicuramente efficace, ma che è pur
sempre un espediente fisiologico finalizzato all'instaurarsi di uno stato
psicologico... non è tecnica vocale.
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